L'Islam sous surveillance en France: contentieux judiciaires et perceptions conflictuelles de la pratique religieuse
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it
Communication dans un congrès
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2020-12-09, Online.
Résumé en italien
Il seminario presenterà i risultati di un lavoro sul campo etnografico effettuato tra il 2015 ed il 2018 a Parigi, nello studio di un’avvocatessa militante per il Collectif contre l’Islamophobie en France (CCIF - Collettivo ...Lire la suite >
Il seminario presenterà i risultati di un lavoro sul campo etnografico effettuato tra il 2015 ed il 2018 a Parigi, nello studio di un’avvocatessa militante per il Collectif contre l’Islamophobie en France (CCIF - Collettivo contro l’islamofobia in Francia). L’analisi del lavoro quotidiano dell’avvocatessa ci permetterà di osservare come in ambito giuridico la categorizzazione degli imputati e delle loro azioni dia luogo a veri e propri conflitti di interpretazione, nell’abito dei quali i riferimenti all’Islam - ed alle pratiche religiose ad esso associate - vedono il loro significato e la loro percezione cambiare a seconda delle voci che animano i contenziosi. Prendendo come esempi due casi giudiziari svoltisi durante la fase del cosiddetto “stato di emergenza” indetto in Francia a seguito degli attentati terroristici del 2015, analizzeremo, in un primo tempo, il punto di vista del Ministero dell’Interno francese e degli agenti incaricati di sorvegliare gli individui ed i comportamenti passibili di costituire delle “minacce all’ordine pubblico”. In seguito, studieremo in dettaglio le strategie di difesa elaborate dall’avvocatessa, centrate sul rovesciamento dell’interpretazione dominante dettata dal Ministero e sulla difesa di pratiche religiose e comportamenti di per sé non “minacciosi”, “pericolosi” o “violenti”. Nel quadro del dispositivo di prevenzione della minaccia creato dallo stato di emergenza, il pregiudizio sul comportamento e sulle azioni degli individui posti sotto sorveglianza fa sì che questi ultimi facciano ricorso in giustizia per far valere la loro interpretazione dei fatti, laddove spesso sitrovano a contraddire il carattere religioso e/o problematico e minaccioso associato alle loro azioni. Insieme osserveremo come, in ambito giudiziario, il ricorso alle categorie del diritto venga giustificato tramite logiche e criteri di ragionamento che esulano dall’ambito prettamente giuridico e che chiamano in causa, quanto a loro, la morale ed il sentire comuni. Il conflitto creato dall’impiego di categorie contrastanti da parte dell’accusa e della difesa non è solo un conflitto di carattere giuridico bensì di ordine morale: ciò che crea conflitto sono i criteri divergenti con cui gli attori dell’arena giudiziaria associano le categorie giuridiche stesse ai fatti incriminati.< Réduire
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